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Parlascio

Parlascio

STORIA

Il territorio della frazione risulta frequentato già in epoca preistorica(Neolitica). Successivamente, il ritrovamento di resti etruschi hanno portato a credere che vi avesse luogo un insediamento dal VII secolo a.C.. Parlascio è documentato per la prima volta in un contratto di vendita del 1193. Il toponimo significa “anfiteatro” (paralisium) e probabilmente era da riferirsi alla scenografica vista che si apriva sulle Colline Pisane. Qui sorgeva un importante castello, secondo la leggenda fondato da Matilde di Canossa, che ebbe particolare rilevanza tra il XII secolo e il XIII secolo. Storico dominio pisano, passò a Firenze nel 1406, salvo poi ritornare a Pisa successivamente. La frazione nel 1833 contava 435 abitanti.

Frazione del comune di Lari fino al 1927, andò poi a formare insieme a CeppatoCollemontanino e Sant’Ermo il comune di Casciana Terme. Dal 1º gennaio 2014 è confluito nel nuovo comune di Casciana Terme Lari.

Villa baciocchi

Villa Baciocchi

La Villa Baciocchi venne edificata in stile tardo-barocco e neoclassico sul luogo dove si sviluppava l’antico nucleo del castello. Fu completamente ristrutturata alla metà del secolo XVIII dal Senatore Alessandro Orazio Pucci.

Nel 1833 l’edificio fu acquistato dai Marchesi Baciocchi, come ricorda anche l’iscrizione sopra l’architrave del portale di accesso. Di questo nuovo proprietario restano testimonianza le pitture a tempera murali, dove sono riconoscibili il Conte Felice Baciocchi e la consorte Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone Bonaparte. Nonostante ciò la corte di Elisa Baciocchi Bonaparte non vi visse mai, essendo il dominio francese in Toscana finito nel 1814. Nei vari riquadri che si rifanno alla tradizione di pittori vedutisti del 1700, sono raffigurati anche alcuni palazzi appartenuti a varie famiglie di nobili lucchesi e pisani che sono stati nel tempo proprietari della Villa. Fra questi i Della Gherardesca, i Ludovisi, i Gambicorti, i Pucci.

Oggi il Comune ne è proprietario ed ospita al suo interno un Museo Zoologico ed un Centro di Documentazione Archeologica.

PARCO

Annesso, si estende il vasto parco che isola la villa dall’abitato circostante, grazie anche all’impiego di alberature ad alto fusto. Il giardino risale invece alla seconda metà dell’Ottocento quando i Baciocchi, affidarono la riorganizzazione della viabilità, degli accessi, delle recinzione e degli arredi a Luigi Bellincioni, che costellò il parco con una serie di annessi dai più svariati caratteri stilistici: piccole edicole affrescate con paesaggi, edifici neogotici e grotte rustiche.

Oggi il parco contiene 160 specie botaniche rare di cui alcune plurisecolari provenienti da varie parti del mondo. Ogni pianta è stata classificata e le sue caratteristiche si leggono in un cartellino fissato ai suoi piedi. Particolarmente importanti le piante secolari come la sequoia canadese, il bambù e il tasso.

L’ingresso alla villa è a pagamento con i seguenti costi:
– INTERO: 3,00€
– RIDOTTO: 2,00€
– Sconti per gruppi
– Ingresso gratuito per bambini sotto i 4 anni e disabili.

Villa Niccolini

Villa Niccolini

La zona, venne scelta dal Duca Alessandro de’ Medici per realizzare una grandiosa dimora al centro di un’estesa tenuta. La zona aveva anche un ruolo strategico perché gli interessi dei Medici si stavano sempre di più rivolgendo verso la piana pisana, con una politica di espansione verso il mare che fu seguita anche dai successivi granduchi.

La villa si trova in una posizione scenografica al termine di un viale di cipressi, e domina, con la sua compatta struttura cubica e le quattro possenti torrette angolari, la zona circostante.

La villa ricorda molto una struttura fortificata, con le basi delle torri rialzate (la “scarpatura”) e gli angoli rinforzati, mentre il piazzale antistante, sul quale la villa si erge maestosa, fu creato per raccogliere all’occasione una piazza d’arme.

STORIA

Questo prato, nel quale si erge la statua dell’Ercole che uccide l’Idra, è delimitato da due corpi di fabbrica.

L’uso militare delle ville tornò a farsi necessario infatti dopo le insurrezioni antimedicee di Pisa e del Valdarno. Contro le quali furono costruite appunto le ville di Camugliano e, la gemella Villa medicea dell’Ambrogiana a Montelupo Fiorentino.

Nella seconda metà del Cinquecento Cosimo I donò la villa di Camugliano a Giuliano Gondi per i servigi resi alla casata medicea. In seguito fu ceduta a Matteo Botti che, dopo essere stato investito del titolo di marchese di Campiglia d’Orcia da Cosimo II, la ridonò al granduca, con un atto datato 25 dicembre 1615.

Nel 1637 i Medici rinunciarono definitivamente alla villa e alla tenuta di Camugliano, vendendola al senatore Filippo Niccolini. Che contemporaneamente venne anche nominato marchese di Camugliano e di Ponsacco.

La famiglia Niccolini approntò alcune modifiche alla struttura originale, come la scalinata a doppia rampa che raccorda la facciata.. In seguito il parco circostante veniva sistemato secondo la moda dominante all’inglese. Davanti alla villa venne creata una scenografica bordatura ellittica a siepe decorata da busti in marmo..

La villa oggi è ancora di proprietà privata e non è visitabile.

Della tenuta fa parte anche l’oratorio di San Filippo.

Pieve di San Verano

Pieve di San Verano

La pieve di San Verano, edificata all’inizio dell’ XII secolo, ha il prospetto scandito da cinque arcate cieche. Nel campanile, realizzato nel 1885, si scorge ancora l’antica struttura medievale.

INTERNO

L’interno, è stato più volte modificato, e nel 1580 è stata aggiunta la cappella dell’Assunta al cui interno sono incluse tre tele del pittore secentesco fiorentino Jacopo Vignali. Dello stesso autore si conserva l’Assunzione di Maria.

Si segnalano anche un Crocifisso del XVIII secolo, una Madonna con Bambino e santi di Neri di Bicci , e due dipinti di scuola pisana del XIII secolo. Fra questi le Storie di San Nicola di Bari e Madonna con Bambino.

La sera della festa della ss. Annunziata, il 25 marzo 1688, la pieve andò a fuoco e l’anno successivo fu restaurata.

Chiesa di San Leonardo

Chiesa di San Leonardo

STORIA

La chiesa di San Leonardo è dedicata al santo occitano San Leonardo di Noblac (il cui culto è praticato anche nella vicina località di Lari), le sue origini risalgono al XIII secolo, ma la chiesa fu ricostruita nel XIX secolo, quando, su progetto dell’architetto livornese Angiolo della Valle, furono apportati importanti restauri tesi ad imprimerle forme neoclassiche; i lavori furono eseguiti tra il 1853 ed il 1856. La facciata risale al 1925 ed è affiancata da un campanile costruito sul finire dell’Ottocento. Durante la seconda guerra mondiale l’edificio fu danneggiato; l’altare maggiore, distrutto, fu sostituito nel 1957.

L’interno è a tre navate, con quella centrale coperta da una volta a botte.

Chiesa di San Donato

Chiesa di San Donato

STORIA

Le notizie più antiche riguardanti la chiesa di San Donato(Chianni) risalgono all’8 maggio 1277, quando viene menzionata in un’enfiteusi a favore del vescovo di Volterra. Papa Bonifacio VIII nel 1301 inviò una bolla al pievano di Chianni, per incaricarlo di rivendicare i beni della badia di Morrona, a suo dire abusivamente alienati dagli abati che vi facevano parte. L’edificio fu completamente rifatto nel 1812, ricavando l’abside in una torre del castello ed ampliando la chiesa preesistente.

L’interno è ad unica navata con quattro cappelle. Al centro dell’abside si erge il maestoso altare maggiore, risalente alla fine del Seicento, realizzato in pregiati marmi policromi e giunto nel 1812 dalla distrutta collegiata di San Pietro (Massa). Ai lati, due statue dei santi Pietro e Paolo della prima metà del XVIII secolo.

Il catino absidale è affrescato da Antonio Gaioni : Cristo tra i santi Donato, Maura, Francesco, Caterina, Lino, Domenico. In una cappella, si trova la Sacra famiglia di Giovanni Battista Tempesti. In contraffacciata, la cantoria con al centro Sant’Antonio in adorazione di Gesù Bambino, attribuito a Ventura Salimbeni.

Chiesa di San Giovanni Battista

Chiesa di San Giovanni Battista

STORIA

La Chiesa di San Giovanni Battista è  una ricostruzione settecentesca di un’antica chiesa attestata da una bolla papale del 1193. L’edificio è poi stato restaurato nel 1946. L’interno, ad unica navata, è concluso da tre cappelle absidali. In una di queste si custodiscono le reliquie della santa Ubaldesca Taccini da Calcinaia. Vissuta tra il 1136 ed il 1208, festeggiata la quarta domenica di maggio. Tra le opere conservate si trovano una scultura lignea quattrocentesca, raffigurante la Maddalena dolente, e due pregevoli Angeli reggitorcia di scuola di Andrea della Robbia. In controfacciata, dietro la cantoria, spiccano le recenti decorazioni murali dedicate alla patrona eseguite da Enrico Formaini.

Il campanile della chiesa è stato profondamente restaurato nella seconda metà degli anni Duemila.

Chiesa di San Francesco

Chiesa di San Francesco

STORIA

Edificata tra il XIII ed il XIV secolo, la chiesa di San Francesco era inizialmente riservata alle monache di un adiacente monastero. Ha subito profonde trasformazioni nel corso dei secoli XVII-XVIII. A destra si erge il massiccio campanile, in cui si aprono tre ordini di eleganti bifore. Quest’ultime decorate con interessanti inserti scultorei tra cui Cristo che sorregge il mondo.

L’interno, ad unica aula con transetto, mantiene l’aspetto fastoso degli interventi sei-settecenteschi e custodisce alcuni interessanti dipinti. Tra questi la Madonna con Bambino e santi di scuola pisana e quattro ovali con i Santi Gaetano, Francesca Romana, Giuseppe e Andrea del butese Jacopo Danielli.

Chiesa di San Domenico

Chiesa di San Domenico

STORIA

La chiesa di San Domenico fu edificata nella prima metà del XVII secolo a partire dal 1621 fuori le mura medioevali. Interamente costruito in laterizi con semplice facciata conclusa da timpano triangolare su una preesistente cappella dedicata alla Madonna del Rosario. Al centro del timpano, in marmo bianco, l’antico stemma del comune di Bientina. Gravemente danneggiata con il bombardamento del campanile, durante l’ultimo conflitto mondiale, è stata ricostruita e restaurata nel 1994. All’interno, ad unica aula, si conservano un dipinto del pittore pisano Aurelio Lomi, del 1603, raffigurante l'”Ultima cena“, proveniente dalla pieve di Santa Maria, una grandiosa residenza per il Santissimo Sacramento del XVIII secolo,restaurata nel 2016 ed un monumento marmoreo dedicato ai caduti della prima guerra mondiale del 1924. A sinistra dell’edificio, si erge l’alto campanile, chiamata anche Torre del Belvedere, ricostruito nel 1978.

È una delle Chiese Toscane dove si celebra la Santa Messa Tridentina.

Parco Archeologico “La Rocca”

Parco Archeologico “La rocca”

Il Parco Archeologico “La Rocca” è un sito archeologico che si trova al vertice dell’antico borgo di Santa Maria a Monte, in provincia di Pisa.

Il parco è stato inaugurato nel 2013, dopo un trentennio di scavi coordinati dalle cattedre di archeologia medievale prima dell’Università di Pisa poi dell’Università dell’Aquila sempre sotto la direzione scientifica del professor Fabio Redi e dopo un lungo e monumentale recupero dell’area occupata dai resti archeologici.Il sito è protetto da strutture moderne a copertura, progettate dall’architetto Claudio Gioia.

Storia

Le testimonianze di vita più antiche emerse dalle indagini risalgono al periodo etrusco, quantomeno a partire dal secolo V a.C. quando la sommità del paese era occupata da un villaggio che, seppur di modesta estensione, ha mostrato, attraverso le tipologie dei materiali, una certa floridezza: i reperti sono di varia provenienza e vario pregio e si segnalano alcune monete, di cui una greca dell’Attica.

Nel cortile parrocchiale è visibile una testimonianza della presenza etrusca nel territorio: si tratta di un cippo etrusco a clava in marmo di ottima fattura e alto circa settanta centimetri. È stato rinvenuto nella pianura sottostante ma apparteneva a una necropoli di un abitato d’altura; questo fatto rende possibile che questo manufatto sia stato realizzato proprio per un abitante del villaggio di Santa Maria a Monte. Con la romanizzazione il villaggio venne abbandonato e la popolazione si spostò nel piano, dove prosperò per tutti i secoli della tarda repubblica, del periodo imperiale e della prima parte dell’alto medioevo (secoli I A.C.-VIII D.C.) Qui, anche grazie alla felice posizione rispetto a importanti strade di terra e d’acqua, nacque, a poca distanza da Santa Maria a Monte, la pieve di Sant’Ippolito, in luogo detto Anniano. Le indagini archeologiche condotte da Giulio Ciampoltrini della Soprintendenza Archeologica della Toscana hanno evidenziato come questo monumento sia nato nel secolo IV, probabilmente in sostituzione (e sopra le fondazioni) di un martyrion pagano (luogo di sepoltura di una importante famiglia del territorio con valenze sacrali e pagane), mostrando la forza della nuova religione che andava a sostituirsi, anche materialmente, ai vecchi culti.

Parco Archeologico “La Rocca”

particolare

Sulla sommità del colle su cui poggia il paese venne costruita in periodo longobardo una cappella dedicata alla Vergine, cresciuta in importanza attraverso documentati passaggi, prima raccogliendo l’eredità della vicina pieve di Sant’Ippolito del secolo IV, poi arroccandosi in un castello per essere infine promossa a canonica per volere dei vescovi di Lucca. Ognuno di questi passaggi ha lasciato tracce monumentali nell’area del Parco Archeologico. Si tratta di una delle strutture cristiane più antiche della Toscana.

La pieve di Sant’Ippolito divenne praticamente proprietà di una famiglia di origine longobarda che, dal pievano più antico a noi noto, prende nome di Famiglia dei figli di Ghisperto; questa famiglia i trasmise il titolo di pievano di pare in figlio per almeno un secolo., cosa che all’epoca non era molto strana. Probabilmente per accrescere il loro potere sul territorio, la dinastia dei pievani di Sant’Ippolito fra il 766 e il 787 costruì la cappella di Santa Maria in luogo detto Monte, allora deserto. Sebbene nessun documento affermi con certezza che furono proprio i pievani di Sant’Ippolito a edificare di propria tasca questa chiesa la cosa appare molto probabile, e questo può essere affermato in base alla abbondante documentazione scritta rimastaci, conservata tutta presso l’Archivio Arcivescovile di Lucca.

Le dimensioni dell’edificio originale (23 x 11 metri circa) fanno capire che la chiesa, definita “oracolum” ovvero semplice oratorio, era in realtà nata con molte pretese perché tali dimensioni sono insolite per edifici con queste caratteristiche. La posizione favorì un nuovo movimento della popolazione (in linea con le probabili intenzioni dei Figli di Ghisperto) e gli abitanti iniziarono a spostarsi dalla pianura per tornare al colle (che nei documenti del tempo è chiamato Monte), tanto che entro il secolo X il borgo era cresciuto a tal punto che la semplice cappella di S.Maria venne promossa a pieve (fra il 941 e il 983). Nel frattempo la parte alta del colle era stata incastellata per volontà del vescovo di Lucca (allora Santa Maria a Monte era sotto quella diocesi): il castello venne eretto prima del 906 ed è il più antico della lucchesia.Col crescere della popolazione crebbe anche l’importanza della comunità e il conseguente interesse da parte dei Vescovi di Lucca: nel 1025 venne qui istituita la prima canonica regolare della diocesi lucchese per volontà del vescovo riformatore Giovanni II da Besate, con 14 canonici. Con la nascita della canonica, o poco dopo, la chiesa venne radicalmente modificata con l’aggiunta della sezione absidale munita di cripta a deambulatorio, spaziosa e fornita di tre absidi e altrettanti altari, ancora ben visibili. Tra l’anno 1189 e il 1200 La chiesa subì un ulteriore restauro in seguito al quale venne ricostruito il fonte battesimale e il campanile e la chiesa si dotò di un pulpito in marmo di notevole importanza; recentemente (maggio 2013) è stata rinvenuta una scultura originariamente pertinente al pulpito suddetto e attribuibile alla scuola di Biduino (in corso di studio e di cui si prevede una imminente pubblicazione).

Parco Archeologico “La Rocca”

scultura attribuita alla scuola di Biduino

Parco Archeologico “La Rocca”

Pulpito in marmo

L’ultima fase di vita dell’area riguarda la sua progressiva trasformazione in rocca (da cui il nome attuale del parco pubblico), prima per opera dei lucchesi e poi, infine, per opera dei fiorentini, rocca rimasta in uso fino agli inizi del secolo XVI. Della rocca si vedono ampi tratti in mattoni, riconoscibili per l’andamento a scarpa e che possono essere ammirati, pur non essendo segnalati dalla cartellonistica, in vari punti del borgo.

Elementi conservati nel parcoIl Parco Archeologico “La Rocca” mostra molte testimonianze della storia che si è avvicendata nel suo perimetro (che corrisponde alla metà meridionale dell’antica struttura difensiva): l’elemento di maggiore monumentalità è l’area della cripta canonicale, di tipo detto “a eambulatorio”, dove si possono vedere i muri perimetrali della struttura del secolo XI (particolarmente interessante è la piccola abside nord, conservata per più di un metro e mezzo) e le basi dei tre altari originali, con relativa pedana; a sud della cripta si possono vedere le strutture ben conservate della porzione inferiore del campanile del 1189-1200, in mattoni (il pilastro a L in angolo) e le tamponature, sempre in mattoni, realizzate al momento della trasformazione di tutto il complesso in una rocca (sec.XIV) e del campanile in una torre.

Salendo dalla cripta, sotto un’ampia tettoia protettiva, è possibile vedere ciò che resta della primitiva struttura longobarda (sec.VIII) e i due fonti battesimali (quello più antico realizzato fra il 941 e il 983; quello più grande e recente, di cui si conserva tutta la base in pietra e mattoni, realizzato fra il 1189 e il 1200); la porzione compresa fra i fonti battesimali e la cripta è il luogo in cui sono state rinvenute le principali tracce relative al periodo etrusco e le otto fornaci da campane.

Uscendo da quest’area è chiaramente visibile una struttura di mattoni di forma parallelepipeda: si tratta della grande cisterna della fase trecentesca (quindi fiorentina) della rocca.